A te verrò quando sarai più mesto
Disteso in solitudine nella stanza scura;
Quando l'allegria dei giorni matti svanita sarà,
E il sorriso della contentezza allontanato
Dalle fredde ombreggiature della sera.
Verrò quando il tuo cuore autenticamente emozionato
Avrà totale pura oscillazione,
E la mia influenza sopra la tua persona, predando,
Congelando la felicità, scavando il dolore,
Porterà con sé nel lontano il tuo essere
Ascolta questa è l'ora,
Tuo tremendo tempo;
Non senti rotolarti nell'anima
Pioggia di incognite sensazioni,
Premonitrici di un più severo potere,
Mie messaggere?
(Emily)
(Traduzione a me dettata la notte dell'11 settembre 2010)
ORE 3,00
Poesia dell'autrice di un unico libro, Cime tempestose, dove - se possiamo usare una frase del Diario dell'uomo che visse nella città del ponte Carlo e che libri suoi distrusse e altri lasciò incompiuti e per questo è il mio Santo - il male è il cielo stellato del bene. Bisogna accettare e disporre il "male" nell'amore, accasandolo nella parte immensa che gli compete assieme alla grazia del bene. Un cielo, un universo, se esso, l'amore terrestre, veramente era grande. Da stare per manifestarsi in un romanzo con brughiera, in un diario praghese, in una scaglia di notte alpina come adesso per me. E come prima di ora in altre notti che non ebbero né scrittura né altro segno che non fosse il graffio nella cera dello sterno. Ricomporre la frattura. Questo intuisco, nella notte settembrina, nel freddo anch'io! La poesia di Emily B sta davanti a me! ma va riconsacrata, le mani devono scavare nel custodito, nell'inconsumabile, perché anche il fallimento è marchio dell'umano che porta riflesso del divino.
ORE 3,10
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